domenica 2 febbraio 2014

La burla sul cognome non è reato, Feltri non diffamò Woodcock

Annullamento senza rinvio «perché il fatto non sussiste». Con questa formula la quinta sezione penale della Cassazione ha assolto il giornalista Vittorio Feltri dall'accusa di aver diffamato il pm Henry John Woodcock, con un articolo (dal titolo «Che bordello, hanno arrestato il re...») pubblicato sul quotidiano 'Libero’ il 17 giugno 2006, concernente l'inchiesta, di cui il magistrato all'epoca dei fatti in servizio a Potenza era titolare, che aveva coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia.

Nell'articolo Feltri si era soffermato anche sul cognome del magistrato e sulla sua traduzione in lingua italiana. I giudici del merito - il tribunale di Monza prima e la Corte d'appello di Milano poi - avevano ritenuto responsabile Feltri del reato di diffamazione a mezzo stampa. Nella sentenza di secondo grado (che aveva inflitto al giornalista una pena più lieve rispetto a quella del tribunale, escludendo un'aggravante), i giudici avevano rilevato che «l'imputato, nel riferire di un'indagine diretta dal dottor Woodcock nell'esercizio delle funzioni di pubblico ministero, aveva fornito al lettore informazioni tali da far dubitare della bontà dell'inchiesta perché condotta da un magistrato il cui nome stesso induceva dubbi in quanto la traduzione dall'inglese del suo cognome era assimilabile alla citazione volgare dell'organo sessuale maschile».

Di tutt'altro parere la Suprema Corte, che ha accolto il ricorso di Feltri: «va riconosciuto - si legge nella sentenza depositata oggi a 'Palazzaccio’ - che l'accenno al significato volgare che, nella lingua inglese, si ricollega ad una delle tante accezioni del termine 'cock' (le altre richiamano concetti del tutto neutri: gallo, capo, banderuola, rubinetto) non soltanto è fuori luogo dal punto di vista lessicale, atteso che nella lingua inglese esiste l'intero vocabolo 'woodcock', che designa un volatile chiamato in italiano 'beccaccia’, ma é soprattutto una grave caduta di stile in un pezzo giornalistico che, senza di essa, avrebbe avuto ben altro sapore».

Per la Cassazione «in nessun modo possono in ciò ravvisarsi gli estremi del delitto di diffamazione, non concretandosi in quell'infelice accenno alcuna lesione alla reputazione del dottor Woodcock dal punto di vista delle qualità umane e professionali. Gli educatori - conclude la Corte - insegnano che burlarsi del cognome altrui è atto di villania: ma la villania non è sanzionata penalmente».

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