giovedì 24 ottobre 2013

SEPARAZIONE - No alla restituzione delle somme percepite erroneamente dalla ex

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte conferma il proprio orientamento, teso a considerare “le somme incassate dal coniuge” in forza di un provvedimento presidenziale di separazione, di fatto, non ripetibili in assoluto; anche se, come nel caso di specie, corrisposte, sull’erroneo presupposto della convivenza dei figli con la madre, mentre questi si trovati a vivere con il padre, tanto da portare il Giudice di merito alla “revoca con decorrenza retroattiva” del provvedimento che statuiva il contributo.

Ancora una volta, la Corte di Cassazione si trova ad dover esaminare la doglianza di un marito onerato di un contributo “di mantenimento” disposto a suo carico, ed in favore della moglie o dei figli, contributo poi, alla luce degli accertamenti svolti dal giudice del processo, ri-considerato “coma mai dovuto” e quindi “retroattivamente revocato”.

È bene ricordare come la questione di fondo sia costituita dal fatto che il provvedimento con il quale il giudice del merito dispone la “retroattività” della statuizione economica, (disposizione che i giudici del merito continuano correttamente ad emettere) inserisce nelle dinamiche delle parti della separazione, da un lato la corretta aspettativa di ottenere quanto “erroneamente” versato in precedenza, e dall’altra la “preoccupazione” di dover restituire, un importo, che si sostiene, sia stato già speso per le esigenze della famiglia.

Tale ultimo “argomento” è stato poi considerato assorbente, sin dalle prime dalle sentenze di Cassazione che si sono occupate della questione (Cass. 18.09.91 nr. 9728, Cass. 23.04.1998 nr. 4198, Cass. 5.10.99 nr. 11029), che hanno rilevato come il fatto che “l’assegno provvisorio è ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario” porti di conseguenza “tali somme si presumono consumate per il suo sostentamento”.

IL CASO

Nel caso in commento veramente singolari appaiono due circostanze, la prima è quella, di non poco momento, per la quale lo stesso Pubblico Ministero si era trovato a concludere, cita testualmente la sentenza de quo, “per l’accoglimento del ricorso” evidentemente condividendo le propettazioni del ricorrrente, ma anche questa condivisione prospettica tra il ricorrente e l’Ufficio del Pubblico Ministero, non ha portato i Giudici della Corte a riconsiderare il dictum della giurisprudenza formatasi in argomento, per la quale i limiti della possibilità di richiedere la “restituzione delle somme pagate” alla moglie, in forza di un provvedimento presidenziale sono, nei fatti, da considerare come perdute per sempre, e questo, come abbiamo visto, non ostante la specifica previsione nel provvedimento che “corregge” la disposizione onerosa della retroattività della valenza degli effetti, che viene considerato di rango inferiore all’uso che si presuppone siano state destinati gli importi, ovvero quello della loro “consumazione per il sostentamento”.

Altro aspetto singolare, è quello costituito dal fatto che la richiesta di “restituzione”, formulata già al giudice del merito, era relativa a somme corrisposte, in forza di un provvedimento presidenziale che disponeva il pagamento in favore dei figli del ricorrente, sull’errato  presupposto che questi, vivessero con la madre mentre, al contrario, i figli si erano trovati a vivere con il padre.

Dunque gli importi erano stati versati “immotivatamente”, tant’è che il giudice del merito si era peritato di “revocare” con decorrenza retroattiva, l’ordine di contribuire al mantenimento dei figli nella mani della madre (per carenza del requisito della convivenza) .

Con una prima pronuncia la Corte di Appello nulla aveva stabilito sull’immediata richiesta di “restituzione delle somme” corrisposte in mancanza di un presupposto, tant’è che la Corte di Cassazione intervenendo in tema, aveva “accolto” il primo ricorso (2006) per omessa pronuncia, re-inviando la questione al merito.

La seconda sentenza sul punto della “restituzione” delle somme, (ribadiamo incamerate dalla moglie del ricorrente  sul presupposto “inesistente” della convivenza dei figli presso di lei) si è poi limitata a richiamare, pedissequamente, i principi giurisprudenziali esistenti in tema di ripetizione delle somme pagate a titolo di mantenimento, citando (correttamente) la sentenza nr. 11029 del 1999, per la quale, ricorda la Corte di Appello: “le somme corrisposte in esecuzione dei provvedimenti emessi in sede presidenziale, non sono ripetibili”.

Ma vediamo più specificamente cosa sia stato statuito, con la Sentenza in esame, in ordine al secondo “motivo di ricorso” : quello della richiesta della restituzione delle somme.

Il Ricorrente aveva, infatti, richiesto al Supremo Collegio di provvedere ad una pronuncia che assicurasse la “restituzione delle somme indebitamente pagate” questo sul presupposto che parte avversa “aveva tenuto una “condotta processuale menzognera”, tanto da essere poi smentita dalle risultanze istruttorie, e tale suo comportamento processuale  aveva “indotto in errore” il Presidente che si era convinto di attribuire, anche se non dovuta, un somma perequativa per il mantenimento dei figli, ponendola come onere sulle spalle del padre.

Questo specifico rilievo alla “condotta processuale menzognera” si deve sottolineare perché la Corte di Cassazione nelle stesse sentenze dianzi richiamate aveva specificato e ribadito (Cass. 18.09.91 nr.9728 e Cass. 12 aprile del 2006, la nr. 8512) come “la presunzione” operante in favore della parte che ha beneficiato dal pagamento, trovasse il proprio limite nella “dimostrazione” di aver tenuto una condotta processuale aggravata ex art.96 cpc, per aver il coniuge “richiesto il provvedimento cautelare in eccedenza alle sue esigenze” o per aver “agito in giudizio con malafede o colpa grave”.

La Sentenza in commento, pur rilevando come l’istanza contenesse la richiesta di “considerare l’evidenza di una mala fede processuale” si limita a dedurre la semplice “inammissibilità del punto del ricorso” perché “non ha colto” la ratio decidendi della sentenza della Corte di Appello, che aveva ritenuto infondata la questione delle “false dichiarazioni della parte in sede di comparizione dei coniugi”.

In buona sostanza, nell’affrontare la doglianza si è richiamata la datatissima sentenza del 1999 (tanto da citarla, per errore, come nr. 11029 del 5 ottobre 2009) e se ne è ripetuto pedissequamente il principio : “sono irripetibili le somme versate a titolo di mantenimento nelle ipotesi in cui questo sia escluso o diminuito a seguito di una pronuncia passata in giudicato”, stigmatizzando poi come il ricorrente non avesse “impugnato” la motivazione dei giudici di appello sul punto della “responsabilità aggravata” ex art. 96 c.p.c.

Questo, non ostante altre diverse sentenze della Cassazione avessero, medio tempore, esaminato la domanda di “ripetizione” delle somme pagate al coniuge e successivamente caducate, giungendo a formulare articolati distinguo e specificazioni, anche di accoglimento.

In tema è opportuno ricordare come sia intervenuta da ultimo (Cass. Sezione Prima del 4.12.12) la Sentenza nr. 21675, che nell’affrontare la “revoca per le dichiarazioni mendaci” le ha ritenute sussistenti, tanto da cassare la pronuncia di appello (Sentenza n.1232 del 27.11.2007 Corte di Appello di Bologna) e rinviare ad altra sezione, in un caso posto alla sua attenzione che vedeva la richiesta di restituzione di somme “corrisposte ad un figlio” poi acclarato non essere figlio dell’onerato, ma della sola beneficiaria dell’assegno.

fonte: ilsole24ore//SEPARAZIONE - No alla restituzione delle somme percepite erroneamente dalla ex

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