venerdì 4 ottobre 2013

È autonomo il danno esistenziale “indefinito e atipico”

Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 3 ottobre 2013 n. 22585

La mancanza di “danno” (conseguenza dannosa) biologico non esclude, in astratto, la configurabilità di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un possibile danno “dinamico-relazionale”, sia pur circoscritto nel tempo. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con una articolata sentenza, la n. 22585/2013, con cui torna sul tema della risarcimento del danno alla persona, addivenendo ad una qualificazione della categoria del danno esistenziale come “indefinita e a tipica” come è “la dimensione della sofferenza umana”.

La Suprema corte richiamando il reato di atti persecutori osserva che in questa disposizione “sembrano efficacemente scolpiti”, per quanto destinata ad operare in un ristretto territorio del diritto penale, “i due autentici momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore, e la significativa alterazione della vita quotidiana”.

“Danni diversi - osserva la sentenza - e, perciò solo, entrambi autonomamente risarcibili, ma se, e solo se, rigorosamente provati caso per caso, al di là di sommarie ed impredicabili generalizzazioni (ché anche il dolore più grave che la vita può infliggere, come la perdita di un figlio, può non avere alcuna conseguenza in termini di sofferenza interiore e di stravolgimento della propria vita “esterna” per un genitore che, quel figlio, aveva da tempo emotivamente cancellato, vivendo addirittura come una liberazione la sua scomparsa)”.

“È lecito ipotizzare - continuano i giudici di Piazza Cavour - […] che la categoria del danno esistenziale risulti indefinita e a tipica”. “Ma ciò è la probabile conseguenza dell’essere la stessa dimensione della sofferenza umana, a sua volta, indefinita e a tipica”.
La Cassazione conferma così “la bontà di una lettura delle sentenze delle Sezioni Unite del 2008 condotta, prima ancora che secondo una logica interpretativa di tipo formale- deduttivo, attraverso una ermeneutica di tipo induttivo che, dopo aver identificato l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (il rapporto familiare e parentale, l’onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.), consenta poi al giudice del merito una rigorosa analisi ed una conseguentemente rigorosa valutazione tanto dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale)”.

E “una indiretta quanto significativa indicazione in tal senso potrebbe essere rinvenuta nel disposto dell’art. 612-bis del codice penale, che, sotto la rubrica ‘Atti persecutori’, dispone che sia ‘punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per i ‘incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stessa ad alterare le proprie abitudini di vita”.
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