domenica 29 settembre 2013

PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA – Storica sentenza del Tribunale di Roma – La diagnosi pre-impianto è ammissibile

Tribunale Civile di Roma, Provvedimento Giudice Donatella Galterio del 26.09.13.
(commento di Giorgio Vaccaro, avvocato, esperto in mediazione familiare 27 settembre 2013)

In accoglimento del ricorso ex art. 700, è ammissibile sottoporsi al procedimento di “procreazione medicalmente assistita” effettuando la diagnosi pre - impianto per impiantare solo gli embrioni sani, rispetto alla patologia di cui sono portatrici le parti, oltre i casi di infertilità e sterilità, uniche eccezioni previste dalla norma.

In questi casi è necessaria la disapplicazione dell’art. 4 della Legge nr.40/2004, in conformità alla pronuncia della CEDU sul caso specifico ed alla interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 13 e 14 della sopra richiamata legge nazionale.

Il Tribunale di Roma, Sezione famiglia, con il provvedimento in esame porta, nuovamente, il Diritto a svolgere la sua funzione naturale : quella di rendere ragione ad una domanda di “giustizia  concreta” formulata in questo caso per difendere il diritto a divenire genitori !

Il caso in commento, è di quelli che superano il contesto più propriamente giuridico e richiede al giudicante una sensibilità ed una competenza che tenga conto, con un opera certosina, sia del  valore  “umano del caso de quo” che, nell’opera ermeneutica, del peso di tutti gli elementi sia del diritto nazionale, con l’analisi della specifica Legge che regola la materia della “fecondazione in vitro”, sia del Diritto europeo, come la Convenzione dei Diritti dell’Uomo, sia infine il portato precettivo della Sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sulla medesima questione.

In buona sostanza, come ben evidenziato dalla stampa nazionale, il Giudice di Roma ha ritenuto necessario operare la “disapplicazione” dei limiti posti dall’art. 4 della Legge nr. 40 del 2004 (che ricordiamo recita “il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunuqe circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico, nonché ai casi di sterilità ed infertilità da causa accertata e certificata da atto medico”) giungendo a dichiarare il “buon diritto” dei ricorrenti, (che sono coppia non sterile né inferitile, ma solo portatrice sana di “fibrosi cistica” patologia trasmissibile con la procreazione) di sottoporsi ad un procedimento di procreazione assitita, così superando i limiti normativi nazionali, operando una previa corretta scelta ed “impiantando” esclusivamente gli embrioni sani, rispetto alla patologia da cui sono affette le parti, ordinando di conseguenza alla ASL competente di “eseguire i suddetti trattamenti”.

È stato così superato, iussu judici, il rifiuto, sino ad ora, legittimamente opposto dalla Dirigente Responsabile  del Centro di procreazione assistita che, sulla base della lettura meramente testuale della legge, aveva escluso la praticabilità  della domanda presentata dalla coppia di ottenere la “diagnosi genetica pre-impianto”, semplicemente non risultando la coppia affetta da “sterilità”.

Un tale, importatissimo, risultato interpretativo, che apre la strada alla soluzione di tanti altri dolorosi calvari per coronare il desiderio di divenire genitori, si giunge seguendo il filo logico giuridico percorso dall’innovatore giudice romano.

Dalla lettura della parte motiva, infatti, si rileva come esista “per le coppie che siano ammesse alla Procreazione Medica Assistita (PMA) non solo il diritto alla diagnosi degli embrioni, che non può che essere finalizzata all’impianto, ma altresì il diritto di rifiutare gli embrioni malati”.

Rileva più precisamente, sul punto il magistrato : “è attraverso la suddetta diagnosi che viene pertanto tutelato, tanto il diritto all’autodeterminazione dei soggetti coinvolti, quanto, al contempo, il diritto alla salute della futura gestante, essendo innegabile che gli embrioni affetti da gravi patologie genetiche, possano seriamente determinare una prosecuzione patologica della gravidanza o causare un aborto spontaneo, compromettendo l’integrità fisica e psichica della donna”.

Per altro nella legge 40/2004 non è rivenibile alcun divieto o preclusione ad una forma di “selezione pre-impianto” posto che il divieto esistente, previsto dalla lettera del 3 comma dell’art. 13  è circoscritto con precisione rispetto “ ad ogni forma di selezione” degli embrioni e dei gameti per fini eugenetici, ma al contrario vien fatta salva la facoltà di operare una selezione per finalità diagnostiche e terapeutiche.

Da questa analisi, logicamente prima che costituzionalmente “orientata”, non può che discendere, per il giudicante, un evidente parallelismo con i diritti, ormai quesiti al nostro ordinamento, e garantiti proprio alla donna, dalla norma che ha inserito la specifica tutela della “persona della madre” nel procedimento per l’interruzione della gravidanza; prevedendo la possibilità, “esclusiva” per la “gestante”, di procedere all’interruzione della gravidanza laddove il parto o la maternità comportino un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, ed in relazione a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, anche dopo il decorso dei primi 90 giorni.

Nel caso de quo la coppia ricorrente ha poi fornito al Tribunale un ulteriore vaglio, quello rilevantissimo compiuto dalla Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che leggendo la loro vicenda ha concluso con la pronuncia del 28 Agosto 2012 (sul ricorso nr. 54270/10) con la quale è stata sancita la “irragionevolezza” del divieto imposto dall’art. 4 della legge nazionale che preclude l’accesso alla PMA alle coppie non affette da “sterilità o infertilità”, laddove proprio “l’ordinamento italiano permette di ricorrere all’aborto terapeutico nei casi in cui il feto sia affetto da patologie di particolare gravità quale la fibrosi cistica”.

La CEDU ha infatti, ovviamente, dovuto rilevare come “non si comprenda lo scopo della proibizione considerato che l’aborto ha conseguenze sicuramente più gravi della selezione dell’embrione succesivamente alla PDG, sia per il nascituro che si trova in stato di formazione più avanzato, sia  per i genitori ed i  particolare per la donna”.

La valenza immediata e precettiva della Sentenza europea al caso concreto, è stata poi felicemente ed positivamente motivata dalla pronuncia in esame, che ha operato un’attenta disamina delle precedenti sentenze, giungendo a richiamare l’interessante Sentenza della Cassazione Penale, la nr. 32678 del 12 luglio 2006 (che nel concreto sanzionava una condanna in contumacia) in forza della quale si può sancire l’immediata portata “della valenza diretta per il caso concreto” di una sentenza della Corte europea.

Ed in forza della quale si può ben sostenere come la Cassazione abbia posto in principio di diritto, nella vicenda che regolava, attribuendo alla sentenza Cedu il valore di “un vero e proprio ulteriore grado di giudizio, dotato della forza di vincolare il giudice investito delle stesso processo”.

Non paga del rilievo dato alla sentenza europea, intervenuta nel caso del quo, il giudice della capitale ha inteso, per non lasciare alcun profilo di dubbio in merito all’attenzione ed alla correttezza della propia pronuncia, analizzare, nella parte finale delle motivazioni, anche l’ulteriore validazione della lettura delle norme esistenti e della possibilità di intepretarle, disapplicandole, seguendo la “corretta lettura, costituzionalmente orientata degli articoli 13 e 14 della stessa legge” superando così “ogni preclusione afferente alla selezione ed alla diagnosi pre-impianto prodromica alla stessa procreazione medicalmente assistita”.

Concludendo non v’è alcun modo per considerare, meritevole di tutela, il limite imposto dalla mera lettera della norma nazionale che abbia ad escludere dalla PDG e dalla successiva PMA una coppia che abbia una grave patologia ereditaria, trasmissibile per via procreativa anche se la mesima coppia non  abbia i requisiti di sterilità od infertilità richiesti per sottoporsi al trattamento medico.

La salute della donna e del nascituro sono valori “assoluti” ed ormai ben possono considerarsi tutelati dalla migliore giurisprudenza nazionale ed europea.

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fonte: ilsole24ore/PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA – Storica sentenza del Tribunale di Roma – La diagnosi pre-impianto è ammissibile

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