domenica 15 settembre 2013

Poste italiane, legale la remunerazione del Tesoro a conti correnti

Tribunale Ue - Sentenza 13 settembre 2013 - Causa T 525/08

Il Tribunale Ue, con la sentenza 13 settembre 2013 nella causa T‑525/08, ha annullato la decisione della Commissione Ue che ha considerato aiuto di Stato la remunerazione di Poste Italiane da parte del Tesoro della liquidità raccolta con i conti correnti. Parametri di mercato e modalità di calcolo del tasso di remunerazione che Poste Italiane avrebbe percepito per il deposito presso la tesoreria dello Stato erano state indicati nella finanziaria del 2006. Successivamente la legge ha stabilito che le somme provenienti dai conti correnti postali appartenenti alla clientela privata dovevano essere investiti in titoli di Stato dell'area euro. È stata l'Abi a fare ricorso a Bruxelles indicando che la differenza tra il tasso attivo (4%) e tasso passivo (1%) era superiore rispetto a quello di mercato e rappresentava pertanto un aiuto di Stato.

Nel 2006, la Commissione aveva comunicato all'Italia la sua decisione di avviare il procedimento di verifica dell'aiuto di Stato. Il punto più importante della difesa italiana era che il tasso di remunerazione previsto dalla Convenzione era stato fissato in funzione dei parametri di mercato e che esso non attribuiva a PI alcun vantaggio. Nel 2008 la Commissione aveva concluso che la remunerazione concessa dal Ministero costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune e ne aveva ordinato il recupero.

Il Tribunale oggi sottolinea che la fissazione del tasso di interesse non può essere disgiunta dall'imposizione, da parte dello Stato, del vincolo d'impiego. Lo Stato remunera il deposito delle somme provenienti dai conti correnti postali presso la Tesoreria dello Stato e obbliga Poste Italiane a effettuare tale deposito.

Quanto al differenziale positivo tra il tasso della Convenzione e il tasso del mutuatario privato, il Tribunale ritiene che costituisca un indizio di un vantaggio, ma non sia sufficiente per affermarne l'esistenza. Peraltro, il tasso del mutuatario privato nella decisione non è stato calcolato a partire da un'analisi di convenzioni o meccanismi di prestito e non costituisce un vero e proprio» tasso di mercato. La Commissione non ha dimostrato poi che senza un vincolo d'impiego, PI avrebbe potuto ragionevolmente ottenere sul mercato un tasso superiore a quello previsto dalla Convenzione. Di conseguenza “é incorsa in un errore manifesto di valutazione nel concludere nel senso dell'esistenza di un aiuto di Stato a partire dalla semplice constatazione di un differenziale positivo tra il tasso della Convenzione e il tasso del mutuatario privato”.

Fonte: ilsole24ore/Poste italiane, legale la remunerazione del Tesoro a conti correnti

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